Lettera aperta a Silvio Berlusconi


Caro Presidente Berlusconi, chi Le scrive è da sempre un suo convinto sostenitore.

Ho sempre ammirato l'imprenditore (e continuo a farlo) e speravo che il politico fosse ancora meglio.

L'ho seguita quando è sceso in campo nel 1994, aprendo uno dei primi Club di Forza Italia a Carrara.

L'ho votata e rivotata ad ogni elezione.

L'ho difesa con amici, parenti e pubblicamente, quando è stato attaccato dalla magistratura, dalla sinistra e dalla sua stessa parte politica (gli ex amici Finiani).

Insomma, posso dire di essere stato un Suo accanito fan.

Ma adesso, caro Presidente, comincio ad avere qualche dubbio...

Mi domando come mai, invece di lavorare per il bene degli Italiani e di pensare al "fare", tanto caro a Lei come imprenditore, passi le Sue giornate ad esternare.

Ad attaccare un giorno i magistrati, un giorno la scuola pubblica, un giorno i resti del comunismo, un giorno chi sa chi altri...

Comprendo benissimo che Lei si senta sotto attacco (e per molti aspetti condivido i Suoi timori), ma se posso darle un consiglio, al Suo posto la smetterei di "parlare e sparlare", e ricomincerei a fare i fatti.

Guardi che gli Italiani, compreso io, l'hanno scelta proprio per questo: perché erano convinti che Lei fosse un uomo del fare e non della politica.

Invece, da qualche tempo (un troppo per la verità), Lei sta diventando un politico peggiore dei politici di professione.

Da uomo intelligente qual è, si sarà reso conto che la fiducia intorno a Lei sta crollando.

Tutti gli istituti di ricerca, da quelli "amici" a quelli "nemici", indicano che Lei sta perdendo consensi.

Posso anche sbagliarmi, ma non credo che abbia perso consensi più di tanto per il caso Ruby.

Gli Italiani non sono stupidi e sono capaci di discernere dal gossip ai problemi reali del paese.

Ecco, semmai, Lei sta perdendo consensi perché non si occupa più dei problemi reali dell'Italia.

Allora, caro Presidente Berlusconi, perché non smette di parlare e di sparlare e ricomincia ad agire, a fare le cose?

Se fossi il Suo coach, Le consiglierei di smettere di commentare le notizie per i prossimi 90 giorni.

Al Suo posto, non attaccherei più nessuno pubblicamente. Li lascerei parlare e mi rimboccherei le maniche ed agirei.

Userei i prossimi 90 giorni per fare quelle cose pratiche, in economia, che da più parti Le vengono suggerite per rilanciare il paese.

Perché nonostante il Suo ottimismo, la crisi non è ancora finita.

L'Italia ha bisogno di misure economiche forti, volte a creare posti di lavoro, ad aiutare le famiglie in difficoltà, a far crescere il pil e non, solamente, a tenere i conti in ordine.

Caro Presidente, io non sono un economista, ma ho la sensazione che è sull'economia, che Lei si gioca il consenso degli italiani.

Così facendo, otterrebbe due vantaggi:

1. farebbe il bene degli Italiani;

2. smetterebbe di farsi del male da solo.

Vede, Presidente, chi Le scrive non è un catto comunista. No, chi Le scrive è un Berlusconiano doc.

Però, sempre meno convinto di esserlo, e questo, dovrebbe farla riflettere molto.

Perché nel mio piccolo, mi occupo anch'io di comunicazione e dal mio osservatorio (modesto, ci mancherebbe), noto ogni giorno un malessere che aumenta strisciante tra le persone che l'hanno votata.

Con la speranza che qualcuno, nel Suo entourage, Le faccia leggere questa mia lettera aperta e, ancor più, che Lei possa finalmente tornare ad essere l'uomo del fare.

L'uomo che ho ammirato, che ho votato e in cui ho riposto la mia fiducia.

Le giunga il mio personalissimo saluto.

Giancarlo Fornei

Commenti

  1. Ciao Giancarlo,
    inutile dire che condivido in pieno il tuo post. Siamo, per dirla con Guy Debord e Aldous Huxley, in piena 'società dello spettacolo'. E Silvio lo sa bene. Ma sta finendo in farsa (e sulla tragedia glisso). E come dico nei miei post, siamo anche in pieno 'Grande Fratello' (non solo quello televisivo, anche il panopticon pluri-intercettatore di Bentham e Foucault). In attesa del 666 che tutto omologa e ingoia...
    A presto
    Nicola Perchiazzi
    P. S. Ho chiuso un po' pesante, ma tant'è... à la guerre comme à la guerre! (ma io sono ottimista e pacifista. Non di quelli da attimino, amò e 'briffiamo', però...)

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  2. Caro Nicola,
    mi piacerebbe che il Cavaliere lo leggesse, e chissà che qualche amico/amica del blog possa fargliela avere...

    per quanto ti riguarda, complimenti per la cultura.

    Un abbraccio

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